La martellata

A differenza di altre località dolomitiche, nelle quali lo sfruttamento dei boschi d’alto fusto avveniva tramite il taglio a raso su ampie zone, in provincia di Belluno era utilizzato, per la scelta degli alberi da abbattere, un criterio selettivo. Infatti, con l’operazione della martellata, il tecnico forestale sceglieva le piante che avevano raggiunto una maturità tale per essere abbattute e procedeva contemporaneamente all’asportazione di quegli alberi mal conformati o danneggiati che potevano limitare, con la loro presenza, la crescita di altre piante più promettenti.

D. O., pima me aé parlà de particeles che les era in zone fertili, in zona puaretes, in zones de protethion…e cume ienielo fate al prelievo ithe la diferente zones e a l interno… ithe la particela cume ienielo fato al prelievo de la piantes.?

R. Alora te digo. La particeles les era de tré tipe cume che avon dito. Alora agnò che l era la particeles de zona fertile ienia fato al prelievo ogni dies, cuindes ane; agno che l era la zones poveres, la zones ormai an tin ormai a na therta cuota, e che l era al taren an tin pì magro e così; alora inia fato ogni vintethinche, trenta ane. Ienia fata na bona diferentha e daspò par la zones de protethion cheles les ienia rispetades cuaši asolutamente. Al sistema de prelevà la piantes l era: prima de duto la pianta madures, piantes difetošes, piantes che podea disturbà autres insoma. Alora ienia fato così. I à proà, e avon provà a fei al taio raso. Ca da nos no funthiona! Parchè dapò no se inboschise pì naturalmente. E alora cé suthiedelo cè: ien su autro che erbacce e… e l é dificoltà e bišogna tornà a inpianta la piantes, bišogna tornà a fei an laoro. Che insoma ca da nos l é na roba che l é rišultada insoma controproducente. Dapò l era la zones agnò che se fašea buses. A buses go dì prelevà tanta piantes intorno. Fai buses par ešempio de trenta cuaranta metre. Da fei na buša interna neta e alora se tolea duta sta piantes interne a sta busa e se thercaa de creà an tin de largo; an tin de luce an tin… ma che restase anche an tin de umidità in modo da favorì la nuova piantes che dovea ienì su. E dapò come ve ài dito l era al prelievo… cume che se dišelo se tolea de la piantes anche per ešempio agnò che l è tanta fisina, la boschina così, la ienia toles d intorno sempre con tin …come se dis… de riguardo. parcè che alora se vardaa tol via dintorno; de fai an tin de largo in modo de dai luce a sta nuoa piantes, che les podese crese an tin, che les podese espansese anche sto novelame che ienia su e così. È alora chesto praticamente l era al prelievo fato, che sarae sta al prelievo pì indicà cà da nos e l é risultà apunto sto prelievo fato a bušes, da prelevà intorno agnò che l era fisines, e così in modo da dai luce e dai aria a sta piantes in modo che se espansese la nuoa piantes che ienia su, al novelame. E dapò l era al saltuario ithe par intrà, chela pì madures e chela varies. Eco, chesto l era al criterio principale che se fašea.[7]

La massa volumica totale asportabile era precedentemente stabilita dalle direttive del piano economico (reso obbligatorio per tutti i boschi pubblici con la legge Serpieri del 1923) redatto generalmente ogni dieci, dodici anni, ma poteva all’occorrenza essere diminuita o aumentata a seconda delle esigenze economiche dell’ente proprietario. Per la sua determinazione era necessario conoscere la massa totale presente nelle varie particelle, individuata attraverso la misurazione dei diametri di tutte le piante con dimensioni superiori ai diciotto centimetri, e dalla media delle loro altezze. Definita questa, la quantità di legname asportabile veniva calcolata attraverso l’applicazione di specifiche formule. Lo strumento utilizzato per la misurazione dei diametri era il cavalletto dendrometrico, cavaleto/canaola, una sorta di grosso calibro in legno o ferro, con il quale si determinava la dimensione del fusto ad un’altezza di 1,5 metri da terra, detta “a petto d’uomo”. A questo lavoro (detto cavallettamento totale) partecipavano generalmente un tecnico forestale e tre operai addetti alla misurazione. Ogni rilievo, letto ad alta voce e seguito dalla denominazione della specie, veniva sistematicamente trascritto dal tecnico su un apposito taccuino. Egli aveva anche il compito di determinare l’altezza media delle piante mediante uno strumento particolare o, più comunemente, attraverso una stima oculare. Ogni pianta misurata veniva poi marcata con due incisioni parallele marele per mezzo di un apposito ferro tagliente, detto raschietto, fer da segnà/fer dal toc, in modo da non ripetere il rilievo.

D. Scušame… cume se fašeelo a saé cuanto legname che se podea tirà fora da na particela?

R. Eco… apunto ió ve ài dito che sta particeles les era sudivises in “zone fertili, in zone povere e zone di protezione”. Ienia prima de duto cavaletà duta la piantes al de sora del diametro de dišdoto.

D. Cé golo dì cé cavaletà?

R. Cavaletà go dì che se va co n fer fato, …no sei…, an fer da mišurà tipo… tipo an calibro, an calibro pì gran. Ienia toles al diametro a circa an metro e mezo de autetha e ienia toles al diametro de thinche thentimentre in thinche thentimetre. Daspò se fašea na stima de l autetha media de sta piantes. Na stima fata generalmente a ocio, ma da dente competente, se sbaliaa de poco. E da là, se ricavaa cuante metre cube che l era presapoco ithe na particela. Na particela, cuanta piantes che l era pì madures che dašea, …come se dišelo… pì redito, a po l era chela pianta picioles che ienia rispetades e così… E alora da chesto ienia decišo, dapò aé finì al pìan, piano economico, ienia decišo cuante metre che al Comun podea taià a l an. Alora cun abastantha… cume se dišelo… eh precišion dišon, no, parcè che se savea cuaši cuaši de… per precišo cé che l era la masa totale ithe al Comun. E alora se decidea cuanto che l era da prelevà… che se podea prelevà, de an in an. [8]

All’operazione di martellata, martelà, partecipavano, oltre al tecnico forestale, anche un rappresentante dell’ente proprietario (in genere un amministratore del Comune o della Regola), due guardie boschive o forestali e tre o quattro boscaioli. Una guardia boschiva segnava sulla tessera, tesera, la specie e il diametro degli alberi che il tecnico forestale sceglieva per l’abbattimento; l’altra guardia misurava, con il cavalletto, il diametro a petto d’uomo dell’albero prescelto e dopo aver indicato la specie, lo leggeva ad alta voce, in modo che il suo collega potesse scriverlo sulla tessera. In questo modo era sempre possibile controllare i metri cubi martellati. Sulle piante destinate al taglio venivano poi praticate due o tre specchiature sul fusto, speciadure/spiciadure, cioè asportazioni della corteccia eseguite con l’accetta, necessarie per rendere riconoscibili gli alberi da abbattere. Inoltre veniva praticata un’incisione superficiale nella zona delle radici, sulla quale veniva apposto, per mezzo di un martello, martel, opportunamente sagomato, il simbolo del tecnico forestale che aveva diretto la martellata. Questa operazione era necessaria per indicare che l’abbattimento di quell’albero era stato regolarmente autorizzato. Le specchiature e l’incisione per il martello erano praticate dai boscaioli che, nell’occasione, venivano assunti dall’ente proprietari dei boschi.

D. Com gnela fata la martlada?

R. Par la martelata fašee la domanda e vegnii l ispetor forestal. Destinee lì chel ch’era da taià, che calc ota i šbagliaa anch’lueri. Era thinc, sia piante intorne e avee curagio da martlà una sol sul medu; e com fašeu a bicie dù, e alora tocea dì su par li piante parchè s no paghee i dane, parchè vegnii dopo al rilievo dane, al colaudo e duto. E insembar l ispetor era i forestai, un tignii tesera e un cavaletaa a cavaletu e al dotor dišee: “quella, quella lì” e inera un che spiciaa a baso sempro la radis pì basa ch’seia pal martel e dopo vegnii trei spiciaduri, ades fà una sola. Nota fašee fei tre spiciaduri ad auto par ch’veda da tre parte. Ades fašed una sola magar fa d seura e d soti pasade e resta là la pianta. S vien l ispetor farestal e ch’ceta, s cla pianta é su can ch’vien al rilievo dani, s la pianta fa n cubo, ch’à vandù a thent mila franche al metro, pagade trešento mila franche; vegn moltiplicheu par tre. Compagn ch’taiad na pianta ch’ne n à al martel, listesu moltiplicheu par tre…[9]

Note a “La martellata.”

[7] O. G., anni 70, ex boscaiolo ed assuntore, San Vito, aprile 1999.

    D. O., prima mi avevate parlato di particelle che erano in zone fertili, in zone povere ed in zone di protezione; come veniva fatto il prelievo nelle diverse zone ed all’interno di ogni singola particella?

    R. Allora ti dico. Le particelle erano di tre tipi, come detto prima. Nelle particelle che si trovavano in zona fertile il prelievo veniva effettuato ogni dieci… quindici anni; in zona povera, al di sopra di una certa quota e dove il terreno era più sterile, il prelievo veniva fatto ogni venticinque, trenta anni. Nelle zone di protezione vigeva un rispetto quasi assoluto. Il sistema di prelievo delle piante era: innanzitutto le piante mature, le piante difettose, le piante che potevano portare disturbo ad altre. Si poteva procedere nei seguenti modi. Hanno ed abbiamo provato il sistema del taglio raso. Qui da noi non funziona. Perché, in seguito non si ha un rimboschimento naturale: crescono erbacce occorre impiantare le piante; occorre fare del lavoro. Qui da noi questo sistema si è rilavato controproducente. Dopo c’erano zone in cui si facevano buche (spiazzi): fare buche significava prelevare tante piante all’intorno. Si facevano spiazzi di trenta, quaranta metri… Si faceva uno spiazzo pulito, tagliando tutte le piante interne cercando di fare un po’ di spazio. Di dare un po’ di luce, ma in modo che restasse dell’umidità per favorire l’attecchimento delle nuove piantine. E dopo c’era il prelievo selettivo: si prelevavano le piante dove c’era dell’infoltimento. Con oculatezza. Si cercava di dare spazio alle piante novelle, in modo da favorirne la crescita. Ecco questi erano criteri di abbattimento in uso qui da noi: quello a spiazzi ( a buche) per fare luce al folto e favorire la crescita del novellame e quello selettivo (saltuario) che consisteva nel prelevare i solamente le piante mature o quelle che presentavano difetti o impedivano lo sviluppo di altre. Ecco questo era il criterio principalmente usato[torna su].

[8] O. G., anni 70, ex boscaiolo ed assuntore, San Vito, aprile 1999.

    D. Scusatemi… come si faceva a stabilire il quantitativo di legname che si poteva prelevare da una particella?

    R. Ecco. Come vi avevo detto le particelle erano suddivise tra zone fertili, zone povere e zone di protezione. Prima di tutto venivano cavallettate tutte le piante con il diametro superiore a 18 centimetri.

    D. Cosa significa cavallettare?

    R. Cavallettare vuol dire usare uno strumento fatto… uno strumento da misurare tipo un…

    D. Un calibro?

    R. Tipo un calibro, un calibro ma più grande. Veniva misurato il diametro del tronco a circa 1,5 metri da terra ed il diametro veniva rilevato per classi di 5 cm. Dopo si faceva una stima dell’altezza media delle piante: una stima fatta da gente competente che si sbagliava di poco. Così si poteva ricavare all’incirca quanti metri cubi di legname c’erano in una particella. Quante erano le piante mature, che avevano maggiore redditività; quante erano le piante piccole che dovevano essere rispettate. Finito il piano economico veniva deciso quanti metri cubi di legname che il Comune poteva tagliare anno per anno. E questo con notevole precisione poiché si sapeva la massa totale presente nel Comune. Ed allora veniva deciso il quantitativo annuo di prelievo[torna su].

[9]C. D. M., anni 70, ex boscaiolo, Padola di Comelico, 21 maggio 1999.

    D. Come avveniva la martellata?

    R. Per eseguire la martellata veniva presentata una domanda e l’esecuzione era ad opera di un ispettore forestale. Decideva lui quello che doveva essere tagliato, ma qualche volta sbagliava. C’erano cinque, sei piante in circolo e aveva il coraggio di martellarne un sola, al centro del gruppo; come era possibile abbatterla? Allora bisognava salire sugli alberi per sramarli in modo da evitare i danni, perché successivamente sarebbero passati i forestali a rilevare i danni e a fare il collaudo della tagliata. E insieme all’ispettore c’erano due guardie forestali, uno annotava sulla tessera e l’altro cavallettava; il dottore diceva: “quella, quella lì” e c’era un operaio che faceva una specchiatura sulla radice più bassa della ceppaia dove veniva apposto il martello forestale, e tre più grandi in alto, perchè fossero visibili da tre angolature. Oggigiorno se ne fa una sola, magari a monte e se durante il taglio gli operai passano verso valle non vedendola, quella pianta non viene abbattuta. Quando passa l’ispettore forestale, durante il rilievo danni e si accorge che quella medesima pianta è ancora in piedi viene fatta una multa. Se quell’albero ha una massa di un metro cubo e il prezzo di vendita è di cento mila lire al metro cubo, l’ammontare della sanzione è di trecentomila lire; il prezzo di vendita della pianta viene moltiplicato per tre… [torna su]