Date salienti del lavoro nei boschi

Come per molte altre attività legate strettamente alla natura, anche il lavoro nei boschi veniva eseguito rispettando accuratamente la stagionalità, seguendo tutte le tappe verificate in anni di esperienze vissute e tramandate, allo scopo di ottenere dalla terra il massimo, sia in termini di qualità che di quantità.

La primavera, insuda/ainsuda, e l’autunno, otono/autono/auton, erano sempre due stagioni di intensa attività all’interno dei boschi, caratterizzate dal taglio delle piante prescritte dal piano economico, dalla trasformazione dei cascami in legna da ardere e dalle migliorie boschive. Il taglio del legname, come si è già accennato, non avveniva quasi mai durante il periodo estivo, istede/istade/istà, in quanto contraddistinto dall’intensa attività vegetativa delle piante. La presenza di abbondanti quantità di linfa nei tessuti, era considerata, infatti, penalizzante per la qualità dei tronchi e del legname lavorato che, esposto al sole, tendeva a fessurarsi più facilmente; inoltre aumentavano le probabilità di un attacco da parte di insetti parassiti del legno, che ne alteravano la consistenza scavando innumerevoli gallerie più o meno profonde.

D. Sti boscadores podei dì a laurà ithe al bosco, canche i golea, duto al tempo de l an o erelo de la staiones stabilides par taià la piantes?

R. Eco. Alora anche ca l é na roba an tin da distingue. Parcè che v ài dito prima: canche l era tanta manodopera, alora l é logica che la dites thercaa de sfrutà d auton o d ainsuda prima che la piantes dese in amor. Parchè savé che al len l era an tin pì… l avea pì valor canche l era che no nol dea in amor. Parcè che ve digo canche al len va in amor, la piantes va in amor, l è fathile che sempre espostes al sol, intanto les se sbrea, che dapò sta sbrees, sti spache i resta an doman fin ithe la brees, e alora ien danegià la brees e l è an dano de seguro. E daspò altretanto inportante l era che les ciapaa al bostrico o les fioria. Che anche chesto l era an difeto grandisimo parchè ienia tante de chi bušete piciui, che dia fin a profondità de siè, sete thentimetre. E anche ca l era na roba, che no l era tanto piacevole. Una. E dapò bišogna pensà che cheste bestiaces che era chesto bostrico, bišogna pensà che al dea inavante anche daspò canche l era al len laurà. Canche l era ridoto in brees o in trave o così, metù in opera adiritura. Anche sui cuerte suthiedea dei caše abastantha brute e spiacevoli, che l é suthiedù dei caše che ga tocià rifei anche dei cuerte parché ienia dó duto, sta specie de farina, e così in pì i perdea de consistentha la travatura, la brees e duto. E l era na roba abastantha seria. Però chesto an secondo tempo canche l é suthiedù malgrado chiste spiacevoli inconvenienti, canche l é stà daspò ve ài dito, al sesanta che l era meno disponibilità de manodopera alora se fašea così: se se metea dacordo co la dita de laurà duto l istade, duta la staion d ainsuda fin d auton. E insoma fašendo an tin a la meo anche se suthiedea sti inconvenienti, che se thercaa anche de evitai cercando de asportà al legname dal bosco prima posibile. Fei therta operathiones insoma, thercà de salvaguardà an tin chesto che podea ese an dano insoma. Therto che anche nošautre come boscadores aveane bišogno de laurà duto al tempo de l an isoma, inmanco duto al tempo de la staion primaverile estiva ed autunale. Parchè insoma l era pitosto magreta, e sicome l è an mestier an tin abastantha pešante e disagià e insoma l era giusto che anche nos avesane na therta agevolathion.[39]

Dopo l’esbosco dei tronchi, o al più tardi nella primavera successiva, le guardie boschive suddividevano i cascami in quote di legnatico spettanti a ciascuna famiglia, colnel/colenel/partida, utilizzando per le varie quote un numero progressivo che veniva riportato, tramite il raschietto, su ogni pezzo di legna di una certa consistenza, presente all’interno di quella data superficie. Al più presto i cascami venivano ripuliti dalla parte verde, parzialmente scortecciati, per favorirne l’essiccazione, e spaccati longitudinalmente con i cunei e la mazza se erano troppo grossi per essere spostati interi. La legna veniva poi ammucchiata sul posto in piccole cataste, canthel/tasa/tason, spesso edificate sotto un grande albero con funzione di appoggio e riparo, solitamente strutturate con i pezzi più grossi alla base e più sottili nella parte alta.

Solamente durante la stagione invernale, inverno/invern, quando la neve, neio/neve/nef, permetteva l’utilizzo delle slitte, lioda/luoda/ridola/luoida, la legna veniva recuperata e trasportata a casa. Le slitte impiegate erano generalmente più grandi ma più esili di quelle usate per l’esbosco dei tronchi. La legna veniva accuratamente caricata sulla slitta facendo attenzione a non sbilanciare il carico per evitarne il ribaltamento, quindi saldamente legata con delle corde di pelle o di canapa. La conduzione richiedeva spesso l’utilizzo di stratagemmi volti a moderare la velocità lungo i pendii e a diminuire la fatica nei tratti pianeggianti, quali l’impiego di catene in acciaio avvolte attorno ai pattini, svolgenti una funzione frenante, o il trascinamento del carico mediante una manza, legata alla slitta con delle particolari bardature. A questo proposito è significativa una poesia di Pio Zandonella Necca (Comelico Superiore) intitolata “Liodi d noti”.

Sarà li thinchi. E n dormi. Dù n te la strada

tendi a pasà li omi co li liodi,

i vdis che stridi n te la caradada

e ciadeni, davoi, che fa la coda.

S tiri la reia senti fin dù n pietha

gni su par riva i pasi coi gathins

e soti i feri a s-ciuflà la getha

e su li spadi šbatucé i rampins

É denti che và a legni. Co ion dì

ognun ciareia su la lioda i rami

dal so tason; se mai ncamò na bora.

Po ion a val e can ch’sona med-dì

e a Muié i é sfnidi e piogn de fami

ruva li femni, ncontra, co la tora.[40]

La legna, una volta scaricata, veniva ridotta in pezzi più piccoli e disposta nella legnaia presente in tutte le case. Questi lavori erano generalmente eseguiti dalle persone anziane, che vi dedicavano buona parte della giornata.

Con la neve erano facilitate le operazioni di esbosco dei tronchi con la slitta o lungo le risine. Più raro era invece il taglio di piante e l’allestimento dei tronchi, operazioni rese alquanto difficoltose dall’indurimento del legno e dalla forte adesione della corteccia.

La primavera riportava alacrità all’interno dei boschi ma anche nelle zone non boscate, dove spesso venivano eseguite delle piantagioni di semenzali di abete rosso e larice disposte a sesto di impianto lungo i versanti maggiormente soggetti a frane e smottamenti. A tale scopo veniva organizzata in molte scuole dell’obbligo la “festa degli alberi”, durante la quale ogni bambino piantava un alberello in un apposito solco precedentemente scavato.

D. Piantagiogn ghe n venielo fate?

R. Sì, ghe n venia fate.

D. Da can ali scomenthà?

R. Eh, i à scomenthà co mi ere tosat, ancora co die a scola. Diane via le Code, via le Code ghe n é stat inpiantà tanti, e dopo sicome che i aea taià na vasta zona, che la era malada, i aea ciatà l bostrico vera, alora, là se dia a fà la festa de i alberi. Però dopo ghe n era de chi pì granc’, vera, chi che i aea dišaset dišdot agn, anca chindes insoma, la Forestal, la i tolea su e i dia a fai inpiantagion insoma eco.

D. L unica manutenthion l era chela insoma?

R. Sì, anca dopo, canche ere anca mi, che ài laurà co la Forestal, d ainsuda se dia semper. I ne mandaa de cuater o thinc, vera, na zona n an, n zona chelauter, a fai rinpiantagion inte par la Mont de l Fen. Sion stai inte là trei o cuater agn a la fila.[41]

In questa stagione veniva anche effettuata la sistemazione delle strade poderali da parte dei Comuni e delle Regole, che assumevano degli operai appositamente per questi lavori. Nell’Agordino, mediante il piodec, le strade silvo-pastorali venivano sistemate gratuitamente dalle famiglie dei residenti che, a turno, avevano l’obbligo di contribuire al lavoro con almeno un rappresentante del nucleo familiare.

D. E a mancenì le strade nti bosc?

R. Le strade nti bosc l era l piodec, el cosideto piodec. Le strade l era comunali… doi volte a l an ti te cognei dì fora par le srade di bosc; femene, om. Dopo, se mi dei fora che ere bon de dorà la manera, alora te taiei na stanga e te fei tuti i saltafos, demodo che te metei un cuà, un là, onde te prevedei che l acua dese dù n cin cuà, n cin là; no la fea dan… Dopo d alora, i tira inte coi cavai, i tira inte coi trator; i spaca via tut, l acua la vien inte, onde che la cata l tender, la và dù e la forma na frana.

D. Ognun, drio chel chi era bogn de fà, i fea?

R. Certamente, venia na femena, l avea na thapa, la tirea fora la tera, la fea la cuneta. La femena la fea chel che la podea e n om compagn: pic, badil…

D. Cande fiao sti laori debant?

R. La primavera e l autuno prima che venise la nef…[42]



Note a “Date salienti del lavoro nei boschi.”

[39] O. G., anni 70, ex boscaiolo ed assuntore, San Vito, aprile 1999.

    D. I boscaioli potevano andare a lavorare nei boschi quando volevano, durante tutto l’anno o vi erano tempi stabiliti per l’abbattimento delle piante?

    R. Ecco, occorre fare una distinzione: quando, come vi ho detto prima vi era abbondanza di manodopera, le ditte preferivano abbattere le piante in autunno o in primavera prima che andassero “per amor” (ovvero prima che iniziasse a circolare la linfa) poiché il legname tagliato in questa fase aveva più valore. Poiché vi posso dire che il legno di piante tagliate con il sistema linfatico attivo è facile, che esposto al sole, si fessuri. E queste fessure, si ritrovano un domani anche sul tavolame da esso ricavato con un sicuro danno. Cosa altrettanto importante il tronco tagliato poteva essere attaccato dai parassiti (bostrico) che provocavano tanti piccoli fori profondi anche sei, settecento metri. Questa non era una cosa piacevole, anche perché questi parassiti continuavano ad operare anche dopo che il legno era stato lavorato, ridotto in tavolame od in travature e addirittura messo in opera. Anche sulla carpenteria dei tetti potevano succedere degli inconvenienti per questo motivo: sono avvenuti dei casi dove si sono dovuti rifare dei tetti perché le travi avevano perso di consistenza a causa delle escavazioni provocate da questi parassiti.

    In un secondo tempo, a partire dagli anni sessanta, quando vi è stata meno disponibilità di manodopera, si è ampliato il tempo dell’abbattimento lavorando dalla primavera sino all’autunno. Per ovviare agli inconvenienti sopraddetti, si cercava di asportare il legname dal bosco prima possibile e di prendere tutte le precauzioni necessarie per evitare eventuali danni. Questo sistema di lavoro veniva incontro alle nostre esigenze di boscaioli poiché ci permetteva almeno di lavorare tutte la stagione, dalla primavera all’autunno e di avere una adeguata ricompensa per il nostro lavoro pesante e svolto in condizioni disagiate.[torna su]

[40] Slitte (da carico) nella notte.

    Saranno le cinque. E non dormo. In strada /continuano a passare gli uomini con le slitte,/ i pattini che stridono sul selciato/ e le catene, attaccate dietro, come una coda.

    Se tendo l’orecchio posso sentire fino alla piazza/ risalire l’erta con le scarpe ferrate/ con i ferri che spaccano il ghiaccio/ e sulle impugnature della slitta lo sbattere delle graffe.

    È gente che va a recuperare la legna. Quando si fa giorno/ Ognuno carica sulla slitta i rami/ della sua catasta; tutt’al più ancora un pezzo di tronco.

    Poi scendono a valle e quando suona mezzogiorno/ e a Muié arrivano sfiniti e affamati/ le mogli vanno loro incontro con una manza.[torna su]

[41] G. C., anni 80, ex boscaiolo, Selva di Cadore, 12 marzo 1999.

    D. Piantagioni venivano effettuate?

    R. Sì, ne venivano effettuate.

    D. Da quando hanno iniziato?

    R. Beh, hanno iniziato quando io ero bambino, ancora quando andavo a scuola. Andavamo in località “Le Code” a fare la festa degli alberi. In quel posto ne sono stati piantati molti, in quanto precedentemente avevano raso al suolo una vasta zona perché molte piante erano state colpite dal bostrico. Inoltre alcuni ragazzi, fra i più grandi, di diciassette, diciotto anni ma anche di quindici, venivano assunti dal Corpo Forestale per effettuare delle piantagioni.

    D. Allora le uniche manutenzioni erano queste?

    R. Sì, anche più tardi, quando lavoravo con il Corpo Forestale, andavamo sempre in primavera. Ci mandavano in quattro o cinque, un anno in una zona l’anno successivo in un’altra. Nella zona della “Mont del Fen”, siamo rimasti tre o quattro anni di seguito. [torna su]

[42] G. A., anni 69, ex boscaiolo e lavorante in segheria, Mas di Vallada, 24 febbraio 1999.

    D. E a mantenere curate le strade silvo-pastorali?

    R. Per la cura delle strade silvo-pastorali c’era il “piodec”, il cosiddetto “piodec” (lavoro svolto gratuitamente a beneficio dell’intera comunità). Le strade erano comunali… due volte l’anno dovevi sistemare le strade; donne, uomini (un rappresentante per ogni famiglia). Poi, se io ero in grado di utilizzare l’ascia, allora tagliavo (capitanati dalla guardia comunale) una stanga per la preparazione delle canalette stadali di fluitazione dell’acqua piovana, in modo che se messe nei posti opportuni, l’acqua defluisse; così non faceva danno… Da quando è stata abbandonata la pratica del “piodec”, le strade sono rovinate (e non più sistemate) dal traino dei tronchi con i cavalli e trattori ed è più facile che dell’acqua penetri nel terreno e formi una frana.

    D. Ognuno faceva in base alle proprie capacità?

    R. Certamente, veniva una donna, aveva una zappa, puliva la cunetta. La donna faceva quel che poteva e l’uomo lo stesso: piccone, badile…

    D. Quando facevate questi lavori gratuiti a vantaggio della comunità?

    R. La primavera e l’autunno prima che arrivasse la neve…[torna su]